ITINERARIO ALTERNATIVO A BALI
Idee di un itinerario fuori dal solito, per perdersi nell’altra Bali!
ITINERARIO ALTERNATIVO A BALI

Testo, itinerario e fotografie di Alessandra Colombo
Ciao, sono Alessandra e sono una psicologa/psicoterapeuta. Sono da sempre appassionata di viaggi, ma di quelli lenti. Di quelli dove ci si perde, dove ci si ritrova e dove si diventa parte di un’altra metà del mondo.
Nonostante le tre settimane siano per molti la speranza di poter fare il giro del mondo, per noi tre settimane sono bastate appena per uscire dai sentieri battuti di Bali, un’isola bellissima e contraddittoria che riserva tantissime sorprese a chi è pronto a vederle.
La primissima sorpresa, che si ottiene già solo aprendo Google Maps, è riservata alla dimensione di Bali: appena abbiamo prenotato ci aspettavamo un’isoletta poco più grande di Kos, invece abbiamo scoperto che da una punta all’altra, se va bene, ci vogliono 6 ore. Senza traffico, ovviamente!
Il nostro viaggio parte e termina nelle aree più battute di Bali (Seminyak prima, Ubud poi), con un discreto numero di turisti e negozi, ma nel mezzo abbiamo deciso di perderci. Qui non vi descriverò il mio itinerario completo, che per certi versi, almeno in parte, aderisce alle visite più “famose”… ma vi descriverò il passare attraverso. La lunga strada da Seminyak a Pemuteran e da Pemuteran a Ubud.
Questo articolo si riferisce ad un viaggio effettuato ad Agosto 2019.
PERDERSI A SEMINYAK
Prima di parlarvi del nord-ovest e del mio itinerario alternativo a Bali, vorrei spendere due minuti per riabilitare un po’ la vista di Seminyak. Abbiamo alloggiato al Grandmas Plus, di cui non posso che lodare l’ottima posizione e organizzazione nonostante non sia il tipico alloggio balinese e fin da subito mi ha colpito sì il traffico, ma anche il fatto che bastasse davvero poco per uscire dalla strada principale e perdersi, appunto.

Scoprire le stradine nei dintorni
Abbiamo assistito a dei bambini che provavano la musica per la cerimonia (non per i turisti, la loro personale) e abbiamo deciso di non fotografarli, di sorridere per la bellissima sensazione e di lasciarli a quella che è per loro una cerimonia religiosa. Ci siamo persi dietro a delle stradine sterrate, scoprendo vie di ristorantini turistici ma un po’ defilati, alcuni addirittura all’interno di officine. Qui le galline corrono libere e ci sono localini tipici dove mangiare: i warung.
Quello che ci è rimasto di più nel cuore: il Warung Taman Bambu in Jalan Plawa, non adatto a chi ha allergie o restrizioni alimentari. Appena arrivati, una signora ci ha mostrato delle ‘poltiglie’ dicendo cose incomprensibili – ma tanto noi italiani parliamo benissimo a gesti – e alla fine ci siamo fidati, abbiamo sorriso e fatto fare tutto a lei. Uscendone con un piattone misto di riso e tante altre cose squisite. Che dire: il paradiso!


PERDERSI ANDANDO A PEMUTERAN
Da Seminyak ci siamo spinti fino a Pemuteran, dove volevamo andare a visitare l’isola di Menjangan. Pemuteran ci è rimasta nel cuore. Non per la bellezza del luogo, non per le persone… ma per tutto ciò che si respira.
La strada per Pemuteran attraversa Bali, su quella strada passano anche i camion pieni di mobili e chincaglierie che arrivano da Java. Partendo da Seminyak si passa dalla grande città turistica con grandi catene e negozi all’area più “industriale”, dove si fabbricano i mobili o si intagliano dettagli estetici. Ma poco dopo è un colpo al cuore, ecco il nostro itinerario!

Prima tappa: il Pura Taman Ayun
Il tempio acquatico reale con giardini incantevoli. Se visitato prestissimo, all’orario di apertura, le persone sono davvero poche e l’atmosfera è magica.



Seconda tappa: l’area di Tabanan e l’Alas Kedaton
Ho voluto visitare una foresta delle scimmie che fosse abbastanza preservata e l’Alas Kedaton sembrava fare al mio caso. Si entra in un luogo abbastanza inquietante (parere personale), con una fittissima giungla alle spalle da cui provengono latrati, si sente ringhiare e si sentono strani versi. Si respira un’aria di fasti ormai scomparsi, molti negozietti all’ingresso sono chiusi e le persone che si aggirano per questo luogo sono davvero poche. Ci sono cani malmessi curati dalle scimmie e un enorme albero sacro che da solo merita una visita. Dicono ci siano cerimonie e spettacoli aperti al pubblico ma eravamo molto distanti dal nostro hotel e non abbiamo potuto partecipare. Credo ne valesse la pena.


Terza tappa: Selemadeg
L’area interna, chiamata Selemadeg, tra giungle e terrazzamenti merita da sola una visita. Non ci sono posti specifici o punti foto (finalmente!) ma è uno spettacolo guardare fuori dal finestrino e lasciarsi stupire.
Quarta tappa: il Vihara Dharma Giri
Potevo mancare la tappa al gigantesco Buddha sdraiato con lo sfondo del Monte Agung? Certamente no!
Quando si ha fortuna alle spalle di questo imponente Buddha, c’è un gran panorama! Spesso comunque l’umidità crea un po’ di foschia, che contribuisce comunque a rendere il luogo più mistico. È una costruzione imponente, con scale fatte a dragoni (da non toccare!) e punti di preghiera con frasi del dhammapada. L’entrata è libera ma un minimo di riconoscimento è eticamente obbligatorio.
Arriviamo al punto forte della situazione: si entra senza scarpe perché è suolo sacro, solo la stradina “principale” può essere calpestata. Tra i luoghi senza scarpe tengo proprio a precisare che c’è anche il bagno – e se arrivate fin lì vi assicuro che non avete molte altre scelte su dove andare! Il
luogo ha un qualcosa tra l’eccentrico e il mistico, si respira l’amore per tutte le cose e gli esseri viventi e i fiori sono incredibilmente grandi. Se si passa da lì merita uno stop.
Il bagno del Vihara Dharma – merita un punto a sé stante. Si entra senza scarpe, sono turche sopraelevate circondate da acqua apparentemente pulita, un secchio con acqua e pentolino per
sciacquare e un fantastico asciugamano all’uscita di ogni wc dove pulire, scintillare e profumare i propri piedi, ovviamente umido. Al mio moroso veniva da piangere, io piangevo dal ridere. Esperienza consigliata!
Quinta tappa: Singaraja & dintorni
Singaraja: una città d’altri tempi. Nella provincia si respira il vecchio colonialismo, l’indipendenza, la struttura di un popolo fiero e solenne nei modi e nelle rappresentazioni. È una provincia spesso non attraversata, ma uno stop lo merita.
Man mano che ci si addentra verso Pemuteran, le strade cominciano a diventare meno curate, ci sono meno turisti e molte più persone che sono lì per lavoro – da Java magari – e che coltivano la terra o allevano il bestiame.
Anche le religioni cominciano a mischiarsi maggiormente: ci sono ancora i fantastici templi balinesi, ma si alternano alle moschee. I warung di Babi Guling – pietanza balinese a base di maiale – lasciano spazio a locali con altri generi di cibo e di preparazioni. Cominciano inoltre a vedersi delle aree con una impostazione da classico paesino: da un lato della strada tutte le case residenziali e dall’altro i luoghi atti alle grandi feste (noi abbiamo avuto l’occasione di vedere quelle per l’indipendenza dell’indonesia).
Iniziano anche le vendite di pesce per strada, in grandi cesti a bordo di strade sabbiose.
Sesta tappa: il Pura Pabean
Il Pura Pabean è un tempio all’ingresso dell’area di Pemuteran. È un tempio davvero molto bello, con molte scimmie non molto abituate a turisti e con persone all’interno stupite quanto noi.
L’ingresso prevede anche qui una donazione (irrisoria rispetto ad altri templi), ma l’interesse è soprattutto architettonico: si mischiano i colori e gli dei di Bali a strutture architettoniche (come gli archi o le porte) di stampo islamico.
Ciò che ne esce è un tripudio di forme e colori che non può che lasciare piacevolmente sorpresi. Il tempio non è molto grande, c’era una cerimonia in atto e per rispetto ho fotografato solo i dintorni o i dettagli, senza includere persone e cose. Le persone presenti hanno molto apprezzato il gesto… quindi se dovesse capitarvi di passare da queste parti vi consiglio di attuare comportamenti analoghi: non è ancora una zona di turismo di massa e spesso chi va da quelle parti lo fa per le immersioni e non ha molto a che fare con le persone che ci vivono.
Il bello è proprio poter dare la speranza di un turismo sostenibile e meno “costruito”.
ARRIVO A PEMUTERAN
Pemuteran e i suoi warung
Come dicevo, Pemuteran non è ancora una zona di turismo di massa e spesso chi va da quelle parti lo fa per le immersioni e lo snorkeling. Qui ci siamo fermati a dormire al Pondok Sari.
I warung nei dintorni mettono il cuore in tutto quello che fanno. Siamo diventati affezionati clienti di un warung situato proprio davanti al nostro alloggio che ci ha trattato come re: piatti serviti a forma di cuore, un gado-gado pazzesco, tempeh fritto da fare invidia al resto di Bali e prezzi sempre – dico sempre – contenuti. La mancia è d’obbligo per la cortesia, l’accoglienza e l’affetto presente in ciascun piatto.
Meno soddisfacenti alcuni warung di stampo più “commerciale”, dedicati principalmente al turismo nord europeo, lì molto presente per immersioni e luoghi di pernottamento.
Lo spot e il progetto Biorock
Nella zona di Pemuteran, da alcuni anni esiste un progetto interessante che nasce per la ripopolazione dei coralli attraverso strutture sottomarine elettrificate, il progetto Biorock.
Alcuni pro e alcuni contro di questo spot. Il pro: punto mare in cui è attivo il progetto è molto bello, sabbia scura (ma non nerissima come Tenerife o Tahiti per intenderci) e una miriade di pesci. Il contro: il mare talvolta è mosso. Nulla di infattibile, anzi, super divertente per nuotare e – sempre con le dovute precauzioni – non pericoloso. Il contro del mare mosso è che alza la sabbia e rende torbida l’acqua e le nuotate che ti fai sono pazzesche, ma la visibilità con maschera è azzerata. Il contro principale è che chiunque, nella zona, ti noleggia maschere ma nessuno – pur sapendo benissimo che non vedrai nulla – ti avverte della cosa. Consiglio comunque di noleggiare nei piccoli chioschi lungo la spiaggia, almeno la perdita economica è MOLTO ridotta se non si vedrà nulla.
Il Turtle Hatchery Project
L’impressione di questa riserva per tartarughine è stata molto positiva dopo le spiacevoli esperienze in zona Nusa Dua & co. Mi ero precedentemente informata e le recensioni e la filosofia sembravano già molto valide. Mi sono trovata in un posto molto pulito, con molte (ma non troppe) tartarughine piccole e solo una adulta, che non poteva essere rilasciata per alcuni problemi alla nascita. Rispetto ad altre realtà sull’isola, mi è parsa molto positiva.
Le gite a Menjangan, Gili Putih e al Bukit
Come sottolineato prima, il grosso del turismo nella zona proviene dal nord europa (Germania in primis) e si concentra primariamente su immersioni, snorkeling e trekking.
Questo implica un costo notevole per qualsiasi cosa che preveda una di queste tre attività, in quanto molto remunerative. Le “aziende” estere hanno costi assolutamente europei (ingiustificati per la zona), mentre le guide del luogo hanno costi altrettanto alti, adeguandosi alle leggi del mercato. Noi siamo andati ad agosto (altissima stagione) e per il giro di snorkeling a Menjangan Island ci hanno chiesto Rp. 900,000 a persona mentre per il combo Menjangan + l’isoletta di Gili Putih Rp. 1.100.000 a testa. Bene ma non benissimo.
Invece la mezzaluna del Bukit, che circonda la baia di Pemuteran, è selvaggia, da trekking puro e bird watching. Alcuni uccelli particolari sono avvistabili anche nelle vicinanze, se ci si ferma e si guarda verso l’alto – con dose notevole di fortuna – si può sperare di vedere gli ormai rari Mynah Bali, specie a rischio di estizione.
NOTA BENE: Al contrario di altre zone di Bali, qui non ci sono farmacie. A 500 metri dal Pondok Sari c’è un mini-market che è l’unico per diversi km (non facilmente percorribili a piedi né in motorino – essendo che passano camion e il traffico non è intenso ma pericoloso) e contiene qualcosa di vagamente utilizzabile, come piccoli miracolosi cerotti per il mal di schiena (di cui ho fatto uso), betadine e alcool al 70% (dopo il tour nei bagni del Vihara Dharma l’alluce del moroso ha deciso di gonfiarsi e fare sciopero). Niente di più. No pastiglie, no cerotti. Ci sono tuttavia i bancomat, pochi, ma ci sono.
PERDERSI DA PEMUTERAN A UBUD
Prima tappa: Air Panas Banjar
Dopo la pausa a Pemuteran, ci siamo rimessi in marcia per Ubud. La prima fermata è stata alle sorgenti termali di Banjar.
Sulla strada sono presenti i venditori ambulanti più insistenti di tutta Bali: hanno cercato di comprarmi pure le ciabatte che avevo addosso per fare uno scambio. E vi assicuro che non sono scarpe di marca o particolarmente apprezzabili, a parte il colore fucsia acceso – che turba anche me. Per quanto riguarda invece le “terme”, sono una struttura particolare, abbastanza frequentate da turisti italiani, il che rende tutto più “famigliare” e piacevolmente chiassoso.
I bagni e gli spogliatoi tuttavia sono hardcore: negli spogliatoi c’è odore di urina, c’è molta gente e un senso generale di “poco pulito” – che dopo i bagni del Vihara Dharma è tutto dire. Carine, ma solo se siete di passaggio.
Seconda tappa: il Brahama Vihara Arama
Il Brahma Vihara Arama è un tempio buddhista poco battuto, un Borobudur in miniatura che vale la visita. In questo luogo ho chiesto ad una persona cosa stesse mangiando e ho scoperto che forma
hanno i frutti della pianta di anacardi.
Terza tappa: l’area di Munduk e dei laghi gemelli
L’area di Munduk e dei laghi gemelli Tamblingan ha panorami pazzeschi e clima decisamente più freschino rispetto al resto di Bali, ci sono molti punti dove fermarsi a osservare la bellezza del luogo (es. Buyan Lake View) , ma non sempre è semplice date le strade strette e l’auto che puntualmente deve passare in quel momento.
Passando da queste zone c’è anche la famosissima entrata dell’Handara Golf Resort che – per chi non conosce quanto sia famoso su instagram – sembra il magico ingresso di qualche tempio sperduto. Invece no, non è sacro e potete fare tutte le foto che volete.
Quarta tappa: il Pura Ulun Danu Beratan
Il Pura Ulun Danu Bratan è un tempio enorme, bellissimo, visto al tramonto con la gigantesca moschea illuminata nello sfondo… La magia del tempio si è un po’ persa nella commercializzazione dello stesso a favore di un turismo di massa. Ma capisco che il turismo, ahimè, è anche questo.
Quinta tappa: le cascate di Munduk
Sulla strada ci sono anche diverse cascate nascoste che – in aggiunta (se avete tempo) potete guardare. Tra queste le cascate famose Git Git ma anche le Leke Leke – ma come per tutte le cascate a Bali il terreno non sempre è nelle condizioni migliori ed è consigliabile essere sempre accompagnati a meno che non si conosca la zona molto bene.
Ci sono tantissime zone in cui potersi “perdere”, in primis sfruttando – come noi – driver affidabili e Google Maps per curiosare e guardare le cose che più interessano. Spesso ce ne sono tantissime e difatti va
considerato che non sempre si riesce a fare tutto ciò che apparentemente ci sta in una schedule di un giorno, sia per il traffico ma anche perché comunque ciascuna di queste cose, se fatta bene, occupa
un buon lasso di tempo.
La guida Nyoman
Intorno alle Git Git abbiamo conosciuto Nyoman, un ragazzone che fa la guida per le cascate e che si è rivelato essere una buonissima risorsa sia per non perderci, sia per eventuali escursioni. Nyoman, infatti, organizza “nottate” nella giungla per i più coraggiosi, dove è possibile visitare (e portare soprattutto aiuti) a quelle persone che vivono ai margini della società, o per problemi psichici o per eventuali sindromi con conseguente abbandono. Tra queste persone mi ha colpito la storia dello “snake-boy”, un ragazzino afflitto dall’ittiosi che è stato abbandonato in tenera età per le difficoltà di gestione della sua malattia (economiche, psicologiche e sociali) e che attualmente vive all’interno di un albero.
Se qualcuno volesse aiutare, sempre nel rispetto del luogo, ci sono molte realtà nella zona.
Questo è stata parte del nostro itinerario.
E’ stato un itinerario difficile, stancante, che talvolta ha messo a dura prova (soprattutto il nostro driver) e che altre volte ha divertito parecchio (vedasi i ragni GIGANTESCHI vicino alle cascate e le salamandre giganti gialle e nere), ma che ci ha consentito di fare numerose amicizie e di entrare, in punta di piedi, nella vita di un popolo gentile e amichevole, ma altrettanto riservato.
Vi auguro di perdervi, come abbiamo fatto noi.
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Benvenuti!
Mi chiamo Simona e viaggio in Indonesia dal 2010. Ho vissuto nelle isole di Bali e Java, dove mi sono sposata con un ragazzo di Jakarta. Sono una designer, appassionata di fotografia e buon cibo. Una delle cose che amo di più durante i miei viaggi è esplorare luoghi fuori dal sentiero battuto e immergermi nella cultura locale.
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